Big Data: l’UE vuole che tre imprese su quattro li sfruttino entro il 2030
- Redazione IDCERT
- 17 Giugno 2022
I Big Data sono una delle risorse economiche più fruttuose degli ultimi vent’anni. Cosa li rende così speciali? E perché l’Unione Europea li considera di importanza strategica per l’economia del Vecchio Continente, al punto da inserirne l’utilizzo diffuso tra gli obiettivi del Decennio Digitale Europeo?
Ne parliamo in questo editoriale del blog di IDCERT.
Big Data, il petrolio del XXI secolo
“Big Data” è un’espressione usata per definire la gigantesca mole di informazioni generata quotidianamente dalle persone che navigano sul web o utilizzano dispositivi smart.
Ogni giorno le applicazioni che apriamo e le interazioni su di esse, i click, le pagine che visitiamo, i gadget che indossiamo, generano dati che vengono regolarmente raccolti e archiviati in immensi database. Ciò che imprese ed enti fanno di questi dati grezzi, che vanno aggregati e analizzati, può significare un incredibile fonte di guadagno.
Le informazioni estrapolate dall’analisi sistematica di immensi database possono essere sfruttate per orientare le strategie di business, per identificare nuove nicchie di mercato da occupare, e per ottimizzare dei processi produttivi già in funzione. È per questo motivo che vengono definiti “il petrolio del XXI Secolo”: così come questa risorsa naturale fu la protagonista della seconda rivoluzione industriale a fine ‘800, allo stesso modo i Big Data sono il cardine della rivoluzione digitale che stiamo vivendo oggi. E, allo stesso modo, solo coloro i quali sanno “estrarli” e “raffinarli” per renderli utili ne stanno traendo grande profitto.
Come si estraggono le informazioni dai database: l’Analytics
Estrarre le informazioni che si desiderano da una grande quantità di dati raccolti è un processo complesso che richiede una serie di tecniche che nel gergo del settore viene chiamata “Analytics”. Essa raccoglie quattro tipi fondamentali di tecnica analitica:
Analitica descrittiva
Tecnica che consiste nell’offrire una panoramica generale e un’analisi dei dettagli della storia passata e del presente dei dati in possesso di un’azienda.
Analitica predittiva
Tecnica che si pone come obiettivo la costruzione di strumenti informatici capaci di prevedere scenari nel breve o medio futuro sulla base dei dati attualmente disponibili.
Analitica prescrittiva
Tecnica che sfrutta le informazioni raccolte con gli strumenti precedenti per fornire linee guida utili a prendere decisioni strategiche per l’azienda.
Analitica automatizzata
Tecnica di sviluppo di algoritmi capaci di prendere decisioni autonome in base ai dati raccolti in tempo reale e alle analisi precedentemente svolte.
Sono innumerevoli i settori commerciali in cui l’analisi sistematica dei dati raccolti può contribuire alla crescita del fatturato creando nuove opportunità di business. Pensiamo alle applicazioni nel marketing, acquisendo la capacità di prevedere il comportamento dei clienti attuali e potenziali in modi fino a qualche anno inimmaginabili. O nel settore della salute, dove è possibile diagnosticare la comparsa di patologie gravi con grande anticipo grazie al confronto dei dati del paziente con centinaia di altri precedentemente analizzati e riorganizzati. Nel settore finanziario, invece i Big Data vengono attualmente analizzati per orientare le strategie di investimento, predire crisi e recessioni, gestire in modo automatico i portafogli titoli e altro ancora. C’è virtualmente un utilizzo pratico dei dati in ogni settore economico attualmente esistente.
A questo punto viene spontaneo chiedersi: quali sono le figure professionali incaricate di analizzare e gestire i dati raccolti?
La Data Science e le professioni chiave dietro l’analisi dei Big Data
Man mano che l’Analytics si evolve e le persone che ci lavorano elaborano dei nuovi standard che possono essere sfruttati da tutti, si delinea una nuova branca della ricerca scientifica che oggi prende il nome di Data Science, o Scienza dei Dati. Un gruppo di Data Scientist in un’azienda di solito prevede una serie di figure professionali che si dividono i compiti necessari per estrapolare correttamente le informazioni utili dai Big Data raccolti. A capo di essi c’è generalmente un Data Science Manager, una persona con competenze gestionali capace di coordinare lo sforzo dei suoi collaboratori e orientarli agli obiettivi fissati dall’azienda.
A creare da zero gli strumenti necessari a raccogliere, processare e archiviare i dati in maniera ordinata sono i Data Engineer, ossia Ingegneri dei Dati. In seguito a questo passaggio tocca ai Data Analyst, o Analisti dei Dati, esplorare, analizzare e interpretare i dati, organizzandoli in report o presentazioni adatte alla divulgazione. Ove possibile, è sempre auspicabile sfruttare inoltre l’esperienza di un Data Scientist di elaborare nuovi strumenti e algoritmi per estrarre nuove informazioni salienti laddove la semplice analisi aggregata fallisce. Infine, ci si affida a un Analytics Translator, un vero e proprio Traduttore capace di interpretare le informazioni raccolte dal gruppo e inserirle in appositi supporti divulgativi per sottoporli ai centri decisionali dell’azienda.
Come le imprese possono usare i dati per crescere
La domanda che sorge spontanea, alla luce delle potenzialità emerse grazie all’avvento della Data Science, è semplice ma fondamentale: perché mai anche le piccole e medie imprese dovrebbero lanciarsi nella sfida per sfruttare i Big Data? La risposta è che ci sono in ballo tanti soldi. Un sacco di soldi. Secondo un recente report a cura di Global Industry Analysts, “Big Data – Global Market Trajectory & Analytics”, il mercato dei dati crescerà del 10% annuo passando da un attuale valore di 155 miliardi di dollari a un significativo market share di ben 234,6 miliardi di dollari nel 2026.
Sono cifre da capogiro, non tanto nei valori assoluti, quanto nella crescita che supera di gran lunga la media delle industrie globali battendo il mercato.
Sebbene le PMI non abbiano a disposizione ingenti capitali per metter su un gruppo di Analytics di alto profilo, è altrettanto vero che basta un piccolo team per trarre subito un vantaggio economico. Qualsiasi impresa ha già nei database numerosi dati che possono essere analizzati e riorganizzati per raggiungere diversi obiettivi, come aumentare le vendite, identificare nuove opportunità di business latenti, ottimizzare costi e margini di guadagno. Anche l’uso dei social network e il reindirizzamento del traffico da essi al proprio sito web possono essere un mezzo relativamente economico ma efficace per raccogliere dati e sfruttarli per migliorare l’offerta della propria impresa.
Su una cosa possiamo essere certi, a differenza di dieci anni fa, oggi ignorare la rivoluzione dei Big Data scegliendo di non investire una parte delle risorse aziendali per sfruttarli, significa restare indietro rispetto alla concorrenza e perdere numerose opportunità.
I Big Data sono tra gli obiettivi del Decennio Digitale Europeo
Come abbiamo già riportato in altri articoli di questo Blog, l’Unione Europea ha le idee chiare su quanto strategicamente importante sia il mondo delle tecnologie digitali per lo sviluppo economico. Nel 2021 la Commissione Europea ha lanciato l’iniziativa Decennio Digitale Europeo, un percorso di riforme e investimenti volti a traghettare i cittadini e le imprese europee verso un’economia che sfrutti appieno le potenzialità del digital.
Per meglio descrivere in cosa consistono queste iniziative, la Commissione ha deciso di distribuire su quattro punti cardinali di una cosiddetta “Bussola per il digitale”, quattro quanti sono gli obbiettivi del Decennio da portare a casa entro il 2030.
I primi tre riguardano: l’obiettivo di raggiungere il 90% di cittadini adulti con competenze informatiche di base e 20 milioni di professionisti ICT in tutta l’UE (attualmente meno di 8 milioni); il consolidamento dell’infrastruttura digitale garantendo a tutti una connettività sull’ordine dei Gb/s, la copertura totale del 5G, l’aumento della produzione dei semiconduttori (leggi il nostro articolo sul Chips Act); la digitalizzazione di tutti i servizi pubblici, che garantiscano l’accesso ad essi tramite browser o app.
Il quarto punto, quello che a noi interessa in quanto relativo a questo articolo, riguarda la trasformazione digitale delle imprese.
La digitalizzazione delle imprese europee passa anche attraverso i Big Data
Entro il 2030 l’UE vuole assicurarsi che almeno tre imprese su quattro sfruttino la rivoluzione digitale integrando nei propri processi produttivi i servizi di cloud computing, le intelligenze artificiali (dai un’occhiata al nostro corso sulle IA) e, in particolare, i Big Data.
Si auspica, inoltre, che nove aziende su dieci siano capaci di sfruttare tecnologie informatiche di base. Infine, l’obiettivo è quello di raddoppiare gli “unicorni” nati nell’Unione. Unicorno è un termine impiegato per definire le startup che hanno raggiunto il miliardo di dollari di capitalizzazione. Il numero di queste imprese innovative in un determinato mercato risulta essere un buon indicatore di quanto il settore digitale sia florido in esso.
Per l’Europa le PMI rappresentano il punto cardine di questa trasformazione, in primis perché esse sono la maggior parte delle aziende in UE, e poi perché non ci sarebbe un cambiamento significativo se non si creassero dei sistemi per permettere anche ad esse di accedere alle tecnologie avanzate necessarie ad analizzare i Big Data. Ad oggi, tuttavia, dobbiamo riportare che non sono state ancora lanciate iniziative concrete sul modo in cui l’Europa dovrebbe facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese ai dati.
Per concludere
Questo argomento è tra i pilastri della Transizione Digitale in Europa.
Non solo perché ci sono innumerevoli opportunità di business per imprese e privati ma anche perché ribadisce l’importanza delle Competenze Digitali tra i cittadini, le imprese, la scuola e le P.A.
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