Il Chips Act e l’importanza dei semiconduttori per la Trasformazione Digitale in Europa
- Redazione IDCERT
- 3 Giugno 2022
Quale evento così grave ha spinto l’Unione Europea a inaugurare una delle più grandi riforme strategiche degli ultimi vent’anni, il Chips Act?
Dai primi mesi del 2020, infatti, un susseguirsi di eventi più o meno dipendenti tra loro ha scatenato una scarsità di questi preziosi componenti tecnologici con conseguenze devastanti.
Per aiutarti a mettere in ordine le idee, abbiamo riassunto la crisi del chip le principali misure adottate dall’Europa per raggiungere l’autonomia nel settore dei semiconduttori.
Chips Act: l'importanza strategica dei chip per il mercato globale
I chip, termine inglese traducibile con microprocessori, sono più importanti di ciò che apparentemente possa sembrare. In pochi decenni siamo passati da una condizione in cui questi dispositivi erano presenti solo nei computer a una in cui sono installati quasi in ogni aggeggio alimentato da corrente elettrica. Non solo smartphone e gadget tecnologici, ma anche elettrodomestici, automobili e perfino lampadine. Ne risulta quindi che ormai tutti i settori produttivi sono a rischio, e la carenza degli ultimi due anni lo ha dimostrato. Come vedremo più avanti, le cause di seguito riportate inducono gli esperti a credere che il Chips Act possa non risolvere tutti questi problemi.
Leggi la comunicazione della Commissione Europea sul Chips Act
La crisi dell’industria automobilistica
L’automotive è una delle industrie che più ha sofferto a livello globale.
Un’impennata di richieste di nuovi veicoli e l’impossibilità delle grandi compagnie di reperire i chip (in media due o tre dozzine per auto) necessari per controllare infotainment, sensori, strumenti di sicurezza e altro, hanno causato la creazione liste d’attesa lunghe mesi. Una contrazione che è stata stimata in 210 miliardi di dollari in mancati guadagni e più di 7,7 milioni di automobili non vendute nel 2021 (Fonte AlixPartners).
Tempi duri per gamer e binge-watchers
Un altro settore gravemente colpito è stato quello video-ludico e in generale dell’intrattenimento domestico. A seguito della pandemia, che ha costretto miliardi di persone all’isolamento in casa e al lavoro da remoto, c’è stata un aumento vertiginoso di acquisti di pc, laptop, tablet e console.
I tre maggiori attori nel settore dei microchip per questi dispositivi, Intel, AMD e Nvidia, hanno ricevuto la più grande richiesta di prodotti di sempre. Tuttavia, a causa dell’irreperibilità di molte materie prime necessarie per la produzione dei microprocessori, si sono ritrovati incapaci di soddisfare la domanda del mercato.
Solo oggi, a distanza di due anni, l’emergenza dei prezzi, saliti mediamente oltre il 200% dell’MRSP (il prezzo suggerito dai produttori), sta rientrando.
A contribuire a questa folle corsa verso cifre da capogiro hanno contribuito gli scalper, abili compratori che rivendevano a prezzi maggiorati schede video e console, e i miner, persone che sfruttano la capacità di calcolo delle schede grafiche di “minare” le criptovalute come Bitcoin ed Ethereum.
Altri settori colpiti dalla crisi dei chip
La crisi dei chip ha colpito anche altri settori strategici. Un esempio è quello dell’energia rinnovabile.
Gli impianti fotovoltaici ed eolici hanno subito una contrazione nella produzione causata da una combinazione di scarsa reperibilità sia di microprocessori che di materie prime. In particolar modo risultavano scarsamente reperibili le cosiddette terre rare (elementi chimici presenti in minime quantità nella crosta terrestre e fondamentali per la costruzione delle turbine e delle celle fotovoltaiche). Ma a risentirne è stato anche l’immenso mercato di elettrodomestici che ormai sono prevalentemente smart. Parliamo di tutti i dispositivi dotati di funzioni avanzate che necessitano dei processori per funzionare e per comunicare con smartphone e impianti di domotica.
Come è stato possibile che l’intero mercato globale dei chip, che nel 2021 ha raggiunto una capitalizzazione record di 555 miliardi di dollari, sia stato messo in ginocchio in modo così distruttivo? Andiamo a vedere le cause principali.
Le maggiori cause della crisi dei chip dei primi anni ‘20
Pandemia da Sars CoV-2
La pandemia è stata la principale causa scatenante della crisi dei chip. Come già detto prima, una conseguenza è stata l’impennata di richieste di dispositivi per il lavoro da remoto e di veicoli per l’uso privato per evitare i mezzi pubblici. I lockdown hanno causato la chiusura degli stabilimenti produttivi, causando una corsa allo stoccaggio da parte dei compratori e un seguente svuotamento dei depositi. Nonostante questo, a fine 2020 le vendite erano salite oltre il 25% rispetto all’anno precedente.
Dinamiche geopolitiche e conflitti armati
La guerra economica tra USA e Cina iniziata nel 2018 è arrivata a coinvolgere l’industria dei semiconduttori nel settembre 2020. L’introduzione di restrizioni da parte del governo statunitense ai danni della più grande compagnia di microchip cinese causò una reazione a catena. Numerosi partner commerciali americani si ritrovarono costretti a rifornirsi da altri produttori taiwanesi e sudcoreani la cui produzione era già a pieno regime. L’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia di questi mesi ha inoltre esacerbato questa crisi. Le sanzioni globali verso la Russia e il crollo dell’estrazione ucraina di alcuni elementi importanti come il neon, il palladio, il kripton e lo xeno, hanno rimesso in difficoltà il settore dei microchip che lentamente si stava riprendendo.
Disastri climatici e incidenti causati dall’uomo
Il cambiamento climatico ha avuto effetti anche sulla chips economy. Due episodi in particolare hanno avuto conseguenze nefaste. Il primo è stato la tempesta di neve senza precedenti che ha colpito il Texas, costringendo alla chiusura lo stabilimento della NXP Semiconductors di Samsung con sede ad Austin.
Il secondo è stato la più grande siccità da più di 50 anni avvenuta a Taiwan sempre nel 2021. La mancanza di acqua purissima necessaria per la produzione dei wafer di silicio ha costretto il più grande produttore al mondo, TSMC (che produce oltre il 50% dei chip a livello globale) a rallentare la produzione e ad accumulare notevoli ritardi nelle consegne. Numerosi incendi hanno infine coinvolto diversi stabilimenti in tutto il mondo.
I più impattanti sono stati quello della compagnia giapponese Asahi Kasei nell’ottobre 2020, quello sempre nipponico della Renesas Electronics nel marzo 2021, o quello di gennaio 2021 nello stabilimento berlinese della ASML.
L’Unione Europea alle prese con la sfida strategica dei semiconduttori e il Chips Act
L’Unione Europea ha incassato un colpo durissimo a seguito della crisi dei chip. Il Vecchio Continente ha rinunciato alla corsa verso la vetta del settore dei semiconduttori già nei primi anni ‘2000. La quota Europea nel mercato globale dei chip è passata da circa il 40% dei primi anni ’90 al 13% negli anni ’10 (Fonte European Semiconductors Industry Association).
Pur essendo cresciuta in termini assoluti, la quota Europea attuale si è ulteriormente ridotta attestandosi su circa il 10% nel 2020. Complici di questa sconfitta sono stati sicuramente l’eccessiva fiducia nei meccanismi della globalizzazione e nell’efficienza del commercio internazionale, nonché l’incapacità di intuire che quello dei semiconduttori fosse un settore di importanza strategica economica e militare.
European Chips Act, la risposta UE alla crisi dei chip
Per rimediare agli errori strategici degli ultimi vent’anni, la Commissione Europea ha lanciato un’iniziativa molto ambiziosa con l’obiettivo di recuperare lo svantaggio accumulato. Lo European Chips Act, ossia la Legge Europea sui semiconduttori, è stata adottata l’8 febbraio 2022 e prevede una serie di interventi economici e strutturali per riportare l’UE tra i protagonisti nel settore dei chip.
La novità più interessante riguarda la mobilitazione di un totale di oltre 43 miliardi di euro tra investimenti pubblici e privati. Questi fondi hanno lo scopo di rafforzare l’industria del silicio al fine di scongiurare eventuali future crisi di approvvigionamento e di tornare a fare ricerca d’avanguardia. L’obiettivo più ambizioso di tutti risulta quello di riportare la quota Europea sul mercato globale a un prestigiosissimo 20% entro il 2030.
Il Chips Act andrà a integrare sia le iniziative dei singoli Stati membri, sia le già esistenti iniziative europee in tema di digitalizzazione.
Parliamo del gigantesco fondo per lo sviluppo digitale Orizzonte Europa, e del programma Europa Digitale, l’agenda europea per la diffusione delle tecnologie digitali a sostegno di imprese private, istituzioni europee e tutti i cittadini. Tutto ciò è incluso nel programma della Decade Digitale Europea 2030 di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo di questo blog. Ad esso fanno riferimento anche gli investimenti nel settore della computazione quantistica di cui trovate un altro articolo di approfondimento.
Le maggiori criticità che l’Europa deve affrontare
Gli esperti concordano che non sarà sufficiente mobilitare un’ingente quantità di fondi per ribaltare la condizione di subalternità dell’Unione Europea nel campo dei semiconduttori. La sfida maggiore riguarderà il modo in cui tali stanziamenti verranno indirizzati verso gli investimenti più fruttuosi.
Per recuperare il divario tecnologico con i leader mondiali, è necessario impiegare gran parte di queste risorse in attività di ricerca e sviluppo. La miniaturizzazione dei circuiti integrati, i cui nodi tecnologici hanno raggiunto larghezze folli inferiori ai 5 nanometri (un milionesimo di millimetro), è una delle sfide su cui è più difficile recuperare terreno. Questo nonostante si sia praticamente raggiunto un limite fisico sotto il quale le interazioni quantistiche tra gli elettroni che viaggiano tra i circuiti sono tali per cui è quasi impossibile ridurre ancora le dimensioni.
Ma la miniaturizzazione non è l’unica direzione in cui si può andare. Ci sono tantissimi settori che non richiedono che i chip siano estremamente piccoli per poter funzionare. Una strada percorribile è quella di aumentare la produzione di microprocessori solidi e affidabili che possano soddisfare la richiesta di tutte queste industrie. Un aspetto che, per fortuna, il Chips Act affronta.
Un altro aspetto da affrontare riguarda il design dei microprocessori. Attualmente, sebbene la produzione sia concentrata in Asia, sono gli Stati Uniti a dettar legge su quali chip produrre. Se l’Europa vuole aumentare la sua competitività, deve investire i suoi fondi nella progettazione di circuiti personalizzati che abbiano una qualità abbastanza alta da poter soddisfare le richieste dei mercati sia maturi che emergenti.
Concludendo
L’argomento dell’economia dei semiconduttori è vasto e affascinante.
In questo articolo abbiamo voluto approfondire il tema della crisi dei chip perché ha toccato le nostre vite in maniera tangibile. Oggi l’Unione Europea sta introducendo numerose iniziative per rinforzare la sua posizione sullo scacchiere globale, ed ha come obiettivo anche quello di raggiungere l’autonomia strategica entro il 2050.
Per farlo, sarà necessario dotare le persone di dispositivi e Competenze Digitali; solo così sarà possibile realizzare gli obiettivi di crescita dell’Unione Europea in fatto di tecnologia e digitalizzazione.
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